Ad Alghero lo spettacolo per riflettere sui rifugiati alla ricerca di una vita migliore

Si chiama “Rut” e ripercorre la vicenda raccontata nel vecchio Testamento.

“Rut”, spettacolo teatrale interpretato dall’attrice Chiara Murru (Spazio T), scritto dal regista e direttore del Teatro stabile di Costanza Christoph Nix e diretto da Nicola Bremer – produzione del Theater Konstanz supportata dalla cooperativa Le Ragazze Terribili – debutterà in prima assoluta alle ore 20 e 30 di domenica 12 gennaio 2020 sul palcoscenico de Lo Teatrì di Ignazio Chessa in via Manzoni 85 ad Alghero, come anteprima dell’edizione 2020 del festival Abbabula.

Un monologo ispirato alla vicenda biblica di Rut, narrata nel vecchio Testamento. Rut, letteralmente, significa “L’amica” ed è il nome della protagonista sulla scena: una rifugiata che ripercorre lo scorrere della sua vita e racconta la sua rinascita fra amore, solidarietà femminile e riscatto. Uno spettacolo che, concettualmente, va ben oltre la sacralità dell’ispirazione e si presenta come molto attuale e contemporaneo, essenziale, rigoroso, molto intenso e foriero d’un messaggio di profondità umana.

Testo magistralmente messo nero su bianco dall’algherese d’adozione Christoph Nix, regia e traduzione affidata all’esperienza di Nicola Bremer che, assieme a Chiara Murru, ha curato anche scenografia e costumi, “Rut” dopo la prima assoluta di domenica prossima (soldout) sarà replicato ad Alghero anche il 16 17 e 18 gennaio alle ore 20 e 30 e il 19 gennaio alle ore 18. Per info e prenotazioni è possibile contattare il 3491389151 e il 3385983083.

La prestigiosa sinergia che ha portato il Teatro stabile di Costanza – uno dei più innovativi dell’intera Europa con oltre 15 produzioni originali l’anno – a investire sullo spettacolo prossimamente in scena ad Alghero, è testimonianza della bontà e della qualità di un progetto che guarda lontano ed è destinato ad andare lontano. 

Il Libro di Rut, Antico Testamento, racconta la storia della moabita Rut che insieme alla suocera Noemi, dopo la morte del marito, abbandona la sua terra e va in Israele alla ricerca di una vita migliore. Ed è proprio qui che il testo diventa attuale: quanti abbandonano oggi la propria terra e cercano una vita migliore qua da noi? Giunta in Israele Rut deve affrontare non solo i pregiudizi e il razzismo degli Israeliti, ma anche il sessismo della società patriarcale dell’epoca purtroppo ancora spaventosamente simile alla società di oggi. Il paradosso straordinario è che Rut, alla fine, non solo riuscirà a conquistare il proprio posto ma sarà anche l’unica straniera nella genealogia da cui nascerà Gesù, il messia tanto atteso dal popolo d’Israele.

“Il bellissimo testo di Christoph Nix sembra dirci che ad un certo punto della vita è necessario provare sulla propria pelle la situazione di estraneità, di lontananza dalla propria terra e imparare così la solidarietà e l’accoglienza dell’altro – dice Nicola Bremer -. Solo se scegliamo di diventare stranieri la nostra vita esce dai circoli soffocanti delle sicurezze e si apre alla fecondità. Forse è proprio il tempo della crisi ciò che ci costringe a uscire e farci stranieri. Come Rut, dovremmo anche noi diventare consapevoli che le nostre radici non sono solo il luogo dove siamo nati o vissuti, ma anche il luogo dove scegliamo di vivere e a cui sentiamo di appartenere. Non c’è peggior idiozia che l’idolatria della terra – prosegue il regista -, cioè quella dimensione nazionalistica e di assolutizzazione delle proprie radici geografiche che ignorano il fatto fondamentale che siamo tutti pellegrini e stranieri. È interessante come il termine gher in ebraico significa sia residente che straniero, perché la terra va abitata non posseduta”.

Condividi l'articolo