La vicenda del “Giardino di Canapa” finisce di nuovo davanti al giudice di Sassari: tre rinviati a giudizio per i derivati della cannabis.
Nuovo capitolo nella complessa vicenda giudiziaria che coinvolge tre ex imprenditori del settore della cannabis sativa, titolari dell’azienda “Giardino di Canapa” di Predda Niedda. La Procura di Sassari ha infatti chiesto ancora una volta il rinvio a giudizio dei tre imputati, accusati di aver detenuto e commercializzato sostanze considerate stupefacenti.
La controversia risale al febbraio 2024, quando la squadra mobile aveva sequestrato circa 12 quintali di infiorescenze di cannabis light all’interno del capannone della società di Sassari, insieme ad altri prodotti derivati come oli, saponi e fibre tessili. Secondo gli imprenditori, quella sostanza era perfettamente legale e destinata al commercio di derivati della canapa. Il sequestro aveva però portato alla sospensione dell’attività e al licenziamento dei dipendenti.
Le indagini e la richiesta di archiviazione respinta.
Il primo pubblico ministero incaricato del caso, Angelo Beccu, aveva disposto due consulenze tecniche per accertare l’effettiva efficacia drogante del materiale sequestrato. Le analisi, condotte dalla professoressa Claudia Trignano, avevano rilevato una percentuale di principio attivo (THC) compresa tra lo 0,4 e lo 0,9%, quantità considerata troppo bassa perchè i derivati della cannabis sequestrati a Sassari potessero produrre effetti psicotropi.
Sulla base di queste valutazioni, il pm Beccu aveva chiesto l’archiviazione del procedimento, sostenendo che, per ottenere un effetto drogante, sarebbe stato necessario un consumo abnorme e irrealistico secondo la comune esperienza giudiziaria. Tuttavia, nel marzo scorso, il giudice Sergio De Luca aveva rigettato la richiesta, richiamando la legge 242 del 2016 – che disciplina la coltivazione della canapa sativa – e una precedente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione.
La nuova udienza e la decisione rinviata.
Pochi giorni fa si è tenuta una nuova udienza preliminare davanti al giudice Gian Paolo Piana. La nuova titolare dell’indagine, Enrica Angioni, ha sollecitato il rinvio a giudizio dei tre imputati. Una richiesta contestata con decisione dal difensore Antonio Secci, secondo cui non sono emersi nuovi elementi rispetto alle indagini precedenti.
La difesa ha sottolineato che l’efficacia drogante della sostanza è stata esclusa da due diverse consulenze e che la commercializzazione, avvenuta prima dell’entrata in vigore del decreto Sicurezza, era pienamente lecita. Il giudice ha rinviato la decisione sul rinvio a giudizio al mese di febbraio.
Nel frattempo, il quadro normativo sul tema è cambiato in modo radicale. Il decreto Sicurezza, convertito in legge, ha infatti stabilito il divieto di importazione, lavorazione e commercio delle infiorescenze di canapa e dei prodotti derivati, compresi oli, resine e estratti. Una stretta che ha di fatto messo fine a un intero comparto economico. Ma non essendo la legge penale applicabile retroattivamente, non dovrebbe essere applicabile al fatto, che risale al 2024.