Bar e parrucchieri chiuso fino al primo giugno.
“Non sarà il coronavirus ad uccidermi, a spegnere la passione per il mio lavoro per cui ho dato tutta me stessa”. Fabiana Serra ha 33 anni, è di Sassari e ha la consapevolezza di vivere un momento difficile della sua vita. Fabiana è la titolare del negozio per parrucchieri New Touch a Predda Niedda, che ha dovuto abbassare le serrande il 5 di marzo, a causa dell’emergenza. Fabiana è come i tanti titolari di attività che dovrà aspettare il primo giugno per poter riaprire. Ma sa già che nulla sarà come prima.
“Non ho chiuso occhio la notte scorsa, dopo il discorso del presidente Conte. I pensieri che assalgono la mia mente non sono positivi. Ho ricevuto i 600 euro, ma che ci faccio? – continua Fabiana -. Mi sono serviti a malapena a pagare la bolletta della luce. Sì perchè tra tasse e affitti, il contributo del Governo non riesce a coprire neppure un minimo delle spese che sono costretta a sostenere. Le scadenze non aspettano. E poi ci sono i contributi per i miei dipendenti a cui non è arrivata neppure la cassa integrazione, chi pagherà tutto questo?”.
Anche a Sassari, come nel resto d’Italia, la maggior parte dei proprietari di attività legate ai pubblici esercizi non gode di alcun tipo di ammortizzatore sociale e i titolari attendono interventi mirati con aiuti sostanziali per poter ripartire. Laura Solinas è la titolare della Gimal parrucchieri con 3 negozi a Sassari. “Ho 29 dipendenti a mio carico, da trent’anni faccio questo lavoro. I miei ragazzi stanno rischiando di rimanere a casa perchè non ci fanno iniziare, sento la responsabilità anche per le loro famiglie”, afferma.
È determinata anche Laura e non vuole arrendersi: “Ho acquistato il materiale, ho ordinato 1000 euro di macchinario per la sanificazione e tutti i dispositivi di protezione. I miei negozi hanno gli spazi necessari per poter riaprire, ci sono tutti i presupposti (si parla di una cliente ogni 40 metri quadri), perciò attendiamo delle risposte e degli aiuti concreti”.
Infine, si sofferma su alcuni dettagli: “I miei dipendenti non hanno ricevuto la cassa integrazione, l’ultimo stipendio che ho pagato è del 12 di marzo, motivo per il quale ho dovuto chiedere un mutuo, e qui la banca mi è venuta incontro. Ho corrisposto 13.000 euro di stipendi, senza aver guadagnato niente. I costi per me vanno dalle 35 alle 40.000 euro mensili. Una situazione surreale, che va risolta al più presto”.
Anche bar, ristoranti sono chiusi da oltre mese per l’emergenza coronavirus e potranno riaprire solo a giugno. “Ho aperto la partita iva appena una settimana prima dell’emergenza – aveva spiegato Fabio Loriga, titolare del “Caffè del Corso”, situato nell’omonimo Corso Vittorio Emanuele a Sassari- dovrò contattare la mia commercialista e vedere un po’ il da farsi”.
Al coro di voci si era aggiunto Omar Pintus del Bar Street Caffè: “Ovviamente i nostri debiti si accumulano, passerà ancora del tempo prima di tornare alla normalità. Vorrà dire che ciò che ci daranno non basterà neppure per pagare le tasse”.