In giro sui mezzi pubblici durante il coronavirus tra distanze di sicurezza, mascherine e tanta prudenza

Raggiungere Sassari ai tempi del coronavirus.

Raggiungere Sassari, ai tempi del coronavirus, non è semplice. Complici le numerose corse cancellate di autobus e treni, la città capoluogo del Nord Sardegna si presenta semideserta. Il viaggio inizia da Sorso, in una mattina di venerdì. Si arriva alla stazione, la partenza del treno era prevista per le 9:30, ma la corsa è stata cancellata.

Si va al capolinea del bus. La partenza, questa volta, è in orario. Alle 10:10 il mezzo parte da via Marina e raggiunge le fermate. Salgono 3 persone, tutte munite di mascherine e alcune di guanti. Il primo posto è inaccessibile. Nel sedile prossimo all’autista non può sedere nessuno. La gara per chi vorrebbe godere la visuale del tratto stradale che porta alla città, dal primo posto, è rimandato al termine dell’emergenza coronavirus. Per ora si dovrà accontentare di guardare dal finestrino.

I passeggeri siedono a debita distanza l’uno dall’altro, a mala pena ci si saluta. Fatto inconsueto, soprattutto a Sorso, dove l’incontro è accompagnato da pacche, abbracci e qualche benevola imprecazione. La paura di contrarre il virus ha stravolto il modo di fare, questo è evidente.

Si arriva a Sassari. Passano le fermate di via Pascoli, corso Vico ed ecco che la vecchia stazione di via Beato Padre Zirano viene sostituita dalla nuova, e ben poco funzionale, situata difronte. Pochi passi prima di uscire e spuntano i topi a dare il benvenuto. Qualcuno dirà che l’assenza degli umani fa riprendere alla natura ciò che è suo.

Ed ecco, spuntano le prime volanti. All’inizio della via i carabinieri, dalla parte opposta la municipale che ferma una signora. Nella città semideserta ferve il lavoro delle forze dell’ordine. Instancabili, più pedagogici che repressivi, provano a far capire a due giovani che non possono star fermi lì per strada. Lo ripetono da oltre un mese, ma c’è ancora qualcuno che non ha assimilato appieno il concetto.

Si ritorna alla stazione, questa volta dei treni. Il convoglio delle 12:40 è lì, però resta chiuso fino a poco prima della partenza. Nessuna cancellazione, per fortuna. Due donne occupano una panchina di 3 metri, una da un lato, l’altra in quello opposto. La prudenza non è mai troppa.

Si scambia qualche parola, ma tutti a debita distanza. Chi ricorda che ne abbiamo passate tante e vinceremo anche questa, chi è preoccupata per l’occupazione in forte calo. Pensieri nella norma. Finalmente si aprono le porte e si parte. Una persona ogni fila di 4 sedili, rigorosamente disposte a zig-zag. Nelle fermate non ci si ferma, nessuno le ha prenotate. Si arriva prima in paese e si tira un sospiro di sollievo. Si indietreggia e si lascia passare l’altro, se parla meglio a distanza. La prudenza, appunto, non è mai troppa.

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