Una nuova vita da Manuele, lotta contro i pregiudizi a Porto Torres

Una nuova vita da Manuele Derudas, lotta contro i pregiudizi a Porto Torres

La nuova vita di Manuele Derudas di Porto Torres.

Dietro un sorriso che illumina i social e una voce che arriva diritta al cuore, si nasconde una storia di coraggio e rinascita, quella di Manuele Derudas. Nato a Sassari e cresciuto a Porto Torres, oggi ha 44 anni e da tempo ha fatto della sua esperienza personale un messaggio universale di libertà, autenticità e amore per la vita. La data che segna un nuovo inizio è quella del 4 luglio 2011, quando, all’ospedale di Bologna, dopo un intervento chirurgico durato 10 ore, ha compiuto il passo definitivo nel suo percorso di transizione, diventando ufficialmente l’uomo che aveva sempre sentito di essere.

“Sognavo di essere un supereroe, di difendere i più deboli e salvare il mondo dalle persone cattive – racconta -. Non mi sono mai arreso. Ho affrontato un calvario fatto di bullismo, lettere anonime, telefonate sgradevoli, ma non ho mai smesso di sorridere e amare la vita. Perché io dovevo volare”. E su quel verbo, “volare“, Manuele ha costruito la sua filosofia. Una visione che invita a librarsi più in alto di tutto: invidia, dolore, giudizi e cattiveria: “Bisogna sempre volare in alto – ripete – dove certe parole non possono offenderci, dove certi gesti non possono ferirci, dove certe persone non potranno mai arrivare”.

Il suo non è solo un percorso di transizione da donna a uomo, ma un viaggio profondo nella scoperta della propria identità, un’esplorazione tra passioni, paure e sogni. “Tutti possiamo brillare della nostra luce, bisogna credere in se stessi – afferma -. Perché quando credi in te stesso puoi raggiungere qualsiasi obiettivo”.

Questa convinzione lo ha spinto a realizzare un cortometraggio autobiografico dal titolo “4 luglio – La mia rinascita“, un’opera che intreccia testimonianze e riflessioni, con l’intento di trasmettere un messaggio potente di speranza e forza a chiunque stia affrontando un cambiamento, di qualsiasi tipo. Non solo la narrazione del suo passaggio fisico e interiore, ma una vera e propria dichiarazione d’amore alla vita, un invito ad abbracciarla, a viverla senza paura, liberi dai condizionamenti.

La sala in cui presenta il suo cortometraggio si riempie di energia, di emozioni, di storie che si incrociano. “Le persone mi scrivono – racconta commosso -. Donne, madri che lottano contro il cancro, ragazzi e ragazze in difficoltà, persone che vivono momenti bui. Una signora mi ha raccontato che è stata operata due volte per un tumore cerebrale, ci sentiamo ogni giorno, e ci siamo promessi di abbracciarci appena tornerà in forze. Altri mi scrivono che soffrono di depressione e che grazie ai miei video, ai miei sorrisi, stanno riscoprendo la voglia di vivere. È incredibile, ma mi chiamano life coach. E sai qual è la cosa più bella? Che io traggo forza proprio da loro”.

La sua presenza sui social è diventata un faro per molti. Condivide foto di albe, tramonti, del mare e dei suoi animali, piccoli frammenti di quotidianità che diventano messaggi di speranza. “Mi dicono che sono un caricabatterie umano – scherza – e forse è vero. Prendo forza e riesco a trasmetterla agli altri”.

Manuele convive con una rara patologia che lo priva del sistema immunitario. Eppure, questo non gli impedisce di mettersi alla prova ogni giorno. Pratica i bagni in mare tutto l’anno, anche in pieno inverno, seguendo le tecniche di respirazione e resistenza del metodo Wim Hof. “Mi alleno anche sulla neve, in costume – spiega -. Mi mantiene sano e forte, fisicamente e mentalmente”.

Questa determinazione lo ha portato a diventare un punto di riferimento per chi sta attraversando percorsi simili o difficili. Riceve messaggi da genitori che stanno accompagnando i figli nel processo di transizione, da chi ha perso fiducia in sé stesso, da chi si sente smarrito. “Io, all’epoca, l’ho fatto da solo – ricorda –. Non c’erano i centri di supporto di oggi, le associazioni Lgbt, i gruppi. Ho attraversato l’inferno e sono tornato su, più forte, più vero. E ora voglio restituire tutto questo, aiutare chiunque abbia bisogno di sentirsi sostenuto”.

Il cortometraggio, della durata di 30 minuti, è la sintesi di questo lungo percorso, iniziato nel 2007 con le prime visite, cure ormonali e infiniti iter burocratici. Racconta, senza filtri, il dolore di sentirsi intrappolati in un corpo che non ci appartiene, l’angoscia di osservare la vita degli altri scorrere mentre la propria resta sospesa. Ma anche la gioia della rinascita, del riconoscersi, finalmente, allo specchio. “È un messaggio forte e chiaro – sottolinea -. Siamo prima di tutto esseri umani. Le categorie maschio e femmina sono solo parole. L’unica vera identità è quella che sentiamo dentro”.

Manuele non ha alcuna intenzione di fermarsi. “Voglio che la mia voce arrivi ovunque, che il mio messaggio possa ispirare chi ha bisogno di coraggio. Perché la vita va amata, vissuta fino in fondo. Bisogna guardarla con gli occhi della vita con meraviglia, gratitudine e desiderio. Perché non dobbiamo mai avere paura di essere chi siamo”, conclude.

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