Oltre il 28% delle case a Sassari e in Gallura non supera gli 80 metri quadri

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L’analisi sulle abitazioni in Sardegna.

L’emergenza sanitaria ha costretto una buona parte delle famiglie a passare molto tempo tra le mura domestiche, modificando radicalmente le proprie abitudini sociali e il modo di vivere la casa. Ma le abitazioni dei sardi sono adeguate a fronteggiare questa situazione? Secondo l’analisi di Abitare Co., società attiva nell’ambito dell’intermediazione immobiliare, le famiglie sarde hanno a disposizione una superficie media di 126,4 metri quadrati, un valore ben al di sopradella media nazionale (117 mq).

Al di là delle medie statistiche, il dato tendenzialmente positivo sulla superficie vale per tutti? Su questo la fotografia di Abitare Co. mostra anche aspetti meno rosei. Secondo l’ultimo censimento Istat, oltre un quarto delle abitazioni (26,5%) occupate da persone residenti è al di sotto degli 80 mq e il 10,1% non raggiunge i 60 mq. Valori, comunque, migliori rispetto ad altre regioni.  Tra le province, la percentuale di case inferiori a 80 mq è più alta a Sassari (28,2%) e a Cagliari (28,1%).

E i nuclei numerosi? Il 14,8% delle abitazioni sarde occupate da più di 4 persone è inferiore a 80 mq, la media nazionale è del 20,7%. Nonostante i dati siano migliori rispetto ad altre regioni, sono tante le abitazioni “sovraffollate”: nel 2018, sempre secondo i dati dell’Istat, ben il 26,6% dei sardi, pari a quasi 438.400 cittadini, viveva in questa condizione.

Ma oltre al sovraffollamento si aggiunge anche la carenza dei servizi primari e strutturali, per i quali la regionesi distingue con alti valori percentuali. Anche se rispetto al 2014 c’è stato un significativo miglioramento, nel 2018 quasi 361.000 cittadini sardi, il 21,9% della popolazione, vivevano in abitazioni con problemi strutturali o di umidità.

Ultimo aspetto che in questo periodo ha un ruolo importante per le famiglie in quanto consente di avere un contatto con l’esterno, riguarda la presenza di balconi, terrazzi e giardini di proprietà. Se la maggior parte sono senza dubbio “fortunati”, nel 2019 c’era comunque al 10,6%, pari a 78.000 famiglie, che non disponeva di questi “benefit”.

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