Scuole chiuse, ma si va al lavoro: per le famiglie di Sassari trovare dove lasciare i figli è un trauma

Le famiglie con l’emergenza coronavirus.

“Non ha senso chiudere le scuole e lasciare gli esercizi commerciali aperti. Io lavoro presso un privato e a lavoro ci devo andare. I miei figli dovrò lasciarli da qualche parte, con una baby sitter e non toglie che anche lei possa aver contratto il virus. Lo dico chiaramente, sono contraria. Mettere in quarantena tutti per quindici giorni o nessuno”. Sono le parole di Angela, mamma di due ragazzi di 11 e 15 anni.

Dello stesso avviso anche Paola. “Penso che la prevenzione ci sta, ed è giusto preservare noi tutti, però, forse non è la soluzione adatta. Luoghi pubblici, poste, supermercati, saranno aperti. Non puoi contrastarlo così”, afferma. Dopo la prima giornata di chiusura delle scuole a Sassari per l’emergenza coronavirus, gli animi sembrano non essersi calmati.

Stavolta interviene un papà nella discussione. “Chiudere le scuole è un segnale di crisi, da sempre – dice Mario, che di figli ne ha uno di 8 anni -. Ora che le scuole rimarranno chiuse, chi non ha amici o parenti, un punto d’appoggio, che fa?”.

È un susseguirsi di giudizi negativi da parte di mamme e papà, zii, nonni. Per uno di questi, Giancarlo, 68 anni e con due nipoti che vanno a scuola “la bomba è già esplosa, questa misura andava adottata prima per evitare il diffondersi del virus”.

Aaggiunge Luigi, 65 anni, in pensione da gennaio e che, quindi, potrà aiutare nella gestione dei nipoti: “Secondo me è tutto fuori controllo. Questa è una mossa politica. Quando il pericolo virus non avrà un freno diranno di aver fatto ciò che era in loro potere”.

Ma il lato positivo c’è. Questa chiusura forzata delle scuole ha il sapore dei tempi passati e permette forse di riscoprire dei rapporti che con la velocità di questi tempi si sono affievoliti. 

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