Padre e figlio assolti: nessuna truffa, solo un sogno industriale naufragato a Porto Torres.
Nel 2017 a Porto Torres prese vita un sogno industriale, un progetto ambizioso portato avanti da due imprenditori col coinvolgimento di un gruppo di operai cassintegrati, l’azienda Turris Sleeve, che avrebbe dovuto rilanciare un settore in crisi con un prodotto innovativo. L’iniziativa vedeva protagonisti due noti imprenditori locali, Antonio e Gianluca Tanda, padre e figlio. Il progetto venne accolto con favore anche dal sistema finanziario e da rappresentanti istituzionali. All’inaugurazione parteciparono addirittura l’allora ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il presidente della Regione Francesco Pigliaru.
Per sostenere l’operazione fu costituita una cooperativa composta dagli stessi lavoratori, che ottenne un finanziamento a fondo perduto dal Ministero dello Sviluppo economico per l’acquisto di un capannone e di un impianto industriale. Il leasing, garantito dalla Sfirs tramite fondi europei, copriva ulteriori 1,7 milioni di euro. Tuttavia, un errore originario in fase di progettazione rese l’impianto inidoneo alla produzione del materiale previsto. Per tentare di rimediare, furono effettuati interventi strutturali e investiti fondi privati della Turris Sleeve, che nel frattempo continuava a pagare stipendi e canoni.
Le indagini.
Nel 2019 un’indagine della Guardia di Finanza mutò radicalmente il destino del progetto. Le Fiamme Gialle ipotizzarono una truffa ai danni dello Stato, segnalando un presunto danno erariale di oltre due milioni di euro. Padre e figlio finirono così al centro di un procedimento penale, insieme ad altri due imputati già assolti in precedenza in altri riti.
Il processo.
I due ex imprenditori decisero di affrontare il processo con rito ordinario, convinti della propria innocenza e di poterla dimostrare. In aula, l’avvocato difensore dei due ha dimostrato che i suoi assistiti agirono in buona fede, fidandosi di tecnici ed esperti. Non vi fu alcuna intenzione fraudolenta, ma solo la volontà di creare nuova occupazione e rilanciare un settore in crisi, recuperando lavoratori espulsi dal ciclo produttivo della chimica.
Il giudice del tribunale di Sassari, ha accolto la tesi difensiva, assolvendo Antonio e Gianluca Tanda, riconoscendo che “il fatto non costituisce reato”: all’origine dei fatti solo un errore tecnico di progettazione e non un disegno criminale.