Presunti maltrattamenti agli anziani alla “Pandora” di Porto Torres: tutti assolti

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Non vi furono maltrattamenti presso la struttura Pandora di Porto Torres.

Nella primavera del 2015, i carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni di Sassari avviarono un’indagine per presunti maltrattamenti presso la struttura per anziani “Pandora”, situata a Porto Torres. Le attività investigative furono avviate in seguito a diverse segnalazioni provenienti sia da alcuni ospiti sia da familiari degli stessi, e durarono alcune settimane e furono condotte nella massima riservatezza.

Le verifiche si concentrarono sul presunto comportamento del personale in servizio. In particolare, le attenzioni degli inquirenti si focalizzarono su alcune operatrici e sul titolare della casa alloggio, sospettati di maltrattamenti verso le persone ospitate.

L’inchiesta giudiziaria.

A fine marzo 2015, al termine della prima fase dell’indagine, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sassari, accolse la richiesta avanzata dalla Procura. Dispose, pertanto, il sequestro preventivo della struttura. Il provvedimento fu eseguito dai militari del NAS, su richiesta del sostituto procuratore dell’epoca Corinna Carrara.

Nel 2016, a conclusione dell’inchiesta, vennero rinviati a giudizio tre imputati. Si tratta di Maria Elettra Falchi, 54 anni, e Maria Grazia Carta, 43 anni, entrambe operatrici sociosanitarie della casa di riposo, e Crocifisso Catania, 61 anni, titolare della struttura. Le accuse ipotizzavano comportamenti lesivi della dignità degli anziani ospiti, tra cui presunti atti di violenza, umiliazioni e ingiurie.

Durante il processo, la pubblica accusa aveva richiesto condanne a quattro anni per Maria Elettra Falchi. Inoltre, chiesti tre anni e sei mesi per Maria Grazia Carta e due anni e mezzo per Crocifisso Catania. Le parti civili si erano costituite chiedendo un risarcimento danni, rappresentate dagli avvocati Valentina Porcu, Carlo Manca e Maria Carla Suni.

Come scrive La Nuova Sardegna, dopo nove anni di vicende giudiziarie, il procedimento si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati. Il giudice Claudia Sechi ha letto in aula il dispositivo, stabilendo che “il fatto non sussiste”.

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