La testimonianza di una badante ucraina di Sassari: “Dobbiamo combattere fino alla fine”

La testimonianza di una badante ucraina che lavora a Sassari e la cui famiglia vive a Kiev.

“Il nostro paese deve combattere. Fino alla fine”. Valentina, badante ucraina a Sassari dal 2002 mostra la stessa inflessibilità esibita dai suoi connazionali in questi sei giorni di guerra. La incontriamo nell’ora e mezza di pausa concessale, nell’arco di una giornata, nel suo impegno quotidiano di assistenza a una persona malata. Condivide il piccolo break con altre ucraine in un bar del centro dove il tema della conversazione è, per forza maggiore, uno solo. “Non ci aspettavamo questa guerra – commenta con amarezza – fino al giorno prima Putin diceva negava l’attacco”.

Per Valentina il tema Russia è doloroso, e non solo per l’invasione sovietica. “Sono russa al 50 per cento perché lo era mia madre. E abitavo a Komsomolskaya, in Unione Sovietica, poco lontano dalla Cina”. Poi il trasferimento a Kiev dove ora vivono sua figlia e i nipoti. “Lei lavora in smart-working per la banca. Sta insieme a a tanti altri in uno scantinato per sfuggire alle bombe”. Per comunicare con la giovane usa internet e la messaggistica in un flusso frequente di informazioni tutt’altro che rassicuranti. “I russi avanzano ma il nostro popolo resiste e non scappa. Tutti aiutano nella lotta, anche i bambini, non solo gli adulti”. Il nemico è Vladimir Putin, il presidente della Federazione Russa dal maggio 2012 e al potere ormai da 22 anni.

 “Vuole impadronirsi – interviene Tamara, una delle sei connazionali accanto a Valentina – delle nostre ricchezze e renderci schiavi”. Tutte contestano la ricostruzione storica fatta da Putin nei giorni scorsi quando ha affermato che “L’Ucraina è storicamente parte della Russia”. “Non è vero – ribattono le donne – noi siamo un popolo autonomo, non c’entriamo niente con loro”. Valentina commenta il presunto indottrinamento fatto sul popolo russo: “Mio fratello vive là e non crede ci sia una guerra in Ucraina. Pensa che Putin voglia solo il nostro bene. Se gli dico che è un fascista si offende”. Due fratelli su fronti opposti, non comunicanti, tragedia nella tragedia. Ma lei non intende arretrare dalla sua convinzione più profonda. “Non sono più metà russa, ora sono ucraina al 100 per cento”.

Condividi l'articolo