Salis sfida il Governo sull’educazione sessuale: “Già dai 3 anni”: è polemica

FOTO: SILVIA SALIS SINDACA

Silvia Salis, sindaca di Genova con origini di Sorso, scatena polemiche sull’educazione sessuale.

Silvia Salis, sindaca di Genova con origini di Sorso, ha fatto scalpore per aver promosso un progetto sull’educazione sessuale negli asili e scuole primarie. La prima cittadina del capoluogo ligure, contro i divieti del Governo, è andata in controtendenza, coordinando con il Centro antiviolenza “Mascherona” un progetto basato sull’educazione al rispetto contro la violenza di genere.

Il progetto ha già allarmato il Governo e il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, poiché in Italia l’educazione sessuale resta vietata prima delle scuole medie (anche se non c’è ancora una legge ), mentre dagli istituti secondarie di primo e secondo grado il Governo vuole introdurre il consenso informato delle famiglie prima di far partecipare i bambini a lezioni che riguardano temi sulla sfera intima e sessuale.

La sindaca di Genova ritiene che questi progetti sono fondamentali per combattere la violenza contro le donne, allineandosi a chi ritiene l’educazione sessuo-affettiva cruciale per prevenire i femminicidi e tutti quei reati che rientrano nella sfera della violenza di genere. Nel presentare il progetto, la prima cittadina genovese ha dichiarato che nel Paese non è pensabile che non sia necessaria l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole ed è altrettanto impossibile affermare che tale responsabilità debba ricadere unicamente sulle famiglie. A chi sostiene che ci siano altre problematiche più urgenti, la Salis ha replicato che delegittimare questi temi costituisce una forma di violenza che deve essere contrastata.

Il progetto.

Il suo progetto coinvolgerà oltre 300 bambini di Genova, di età compresa tra i tre e i sei anni, frequentanti quattro asili comunali, i quali parteciperanno a un’ora settimanale di educazione sessuale e affettiva. Questa iniziativa, infatti, è stata presentata come una replica concreta alla decisione del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che ha autorizzato progetti su questo argomento solo per le scuole secondarie di primo e secondo grado, escludendo quindi la scuola primaria e dell’infanzia e richiedendo comunque il consenso delle famiglie.

Il Governo ha alzato già gli scudi e sembra pronto a voler ostacolare che a livello territoriale nascano iniziative simili. Un comportamento che il centrosinistra da tempo ritiene inaccettabile, ovvero negare che il rispetto si deve insegnare fino ai primi anni di vita. Il 25 novembre scorso, il Governo ha approvato una legge specifica contro il femminicidio, ma questa senza la prevenzione non basta. L’area progressista sostiene che nei paesi, dove l’educazione sessuale è obbligatoria ed è nei programmi da decenni, i femminicidi sono in continuo calo e le donne (come i bambini) hanno maggiore propensione a denunciare le violenze sessuali e domestiche. Il dibattito è infuocato con una parte dell’opinione pubblica che sostiene l’educazione sessuale, un’altra che teme l’indottrinamento dei più piccoli.

Condividi l'articolo