Gioia Masia, la calciatrice guerriera di Sassari: “Se ami la maglia tutto è possibile”

L’icona del calcio femminile Gioia Masia.

È un’icona del calcio femminile. In bacheca scudetti, coppe e supercoppe, vinti tra Sassari, sua città natale, e la penisola, in oltre due decenni di professionismo. Ma per Gioia Masia, classe 1977, conta altro. “Voglio lasciare qualcosa di importante: l’esempio”, ci spiega da Formello dove dirige la società sportiva Crossroads.

“A 43 anni mi alleno ancora al massimo”. E lo fa insieme a under 18 che assistono ad una dedizione incrollabile riflesso di un’antica, non databile, vocazione. “Ho sempre voluto giocare a calcio. A 9 anni ero già nel Cus Sassari”, ricorda. Il professionismo, all’epoca, non esisteva ancora. La mentalità vincente, invece, sì. “Ma oggi non tutti ce l’hanno. Alcuni, tra feste e training, scelgono le prime”.

Per Gioia c’è sempre stata l’unica opzione del campo, al prezzo anche di qualche umiliazione. “Mario Silvetti, il mio primo allenatore, a 14 anni mi ha messo in prima squadra. Alle partite però entravo praticamente a tempo scaduto. ‘Un giorno capirai’, mi diceva. E dopo ho imparato la lezione. Ero una delle tante”, prosegue. Un bagno di umiltà per un’immersione ancora maggiore nei propri colori.

“Se hai l’amore per la maglia tutto è possibile” e il discorso subito vira sulla Torres “che mi ha dato tutto e il cui fallimento è stato un colpo al cuore. Ma spero nella rinascita”. E proprio dal mitico abbinamento rossoblu è decollata la carriera di Gioia, avanzata man mano che retrocedeva nelle posizioni sul campo: da attaccante a difensore. Col vizietto del gol: “Il più bello? In nazionale contro l’Islanda. Triangolazione con Panico, rete in spaccata e… qualificazione agli Europei”.

Sessanta le presenze tricolori, molti gli incontri decisivi. “Carolina Morace, per esempio. L’allenatore più tattico che abbia mai avuto. Da giocatrice però con me non faceva mai gol. Qualche tunnel sì…”. La Morace di recente ha fatto notizia col suo outing. “L’omofobia c’è. Non la capisco. Pensiamo a quello che si fa sul rettangolo di gioco”, chiarisce. Un terreno sempre meno calcato di recente causa Covid. “Abbiamo paura. Magari non ci si pensa durante la partita. Però ti limita”. Sì, perché Gioia gioca ancora. E il ritiro? “Forse quest’anno”. Formula dubitativa: il richiamo della sfera è ancora troppo forte.

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