La storia della bambina di 9 anni Benedetta Bellinzis.
Benedetta Bellinzis è una bambina di 9 anni che vive con la sua famiglia a Valledoria, in provincia di Sassari. Nasce l’8 settembre 2011, il giorno della Madonna. Forse per questo i suoi genitori le danno quel nome. Ed è una bambina “speciale”. Soffre di una malattia rara, rarissima, della quale si contano appena 1500 casi al mondo: la CDG.
CDG è l’acronimo di Congenital Disorders of Glycosilation, ovvero disturbi congeniti della glicosilazione. Nello specifico Benedetta è affetta dalla variante SLC35A2, che risulta ad oggi l’unico caso diagnosticato in Italia. “Il nostro dramma inizia da un’ecografia fatta al quinto mese di gestazione a mia moglie Viviana Udas – racconta Sandro, il padre di Benedetta -. I medici videro che la bambina aveva la tasca di Blake nel cervello, una sorta di cisti che hanno tutti i neonati, ma che nel caso di mia figlia, non si è aperta come sarebbe la prassi nei bambini sani”.
Appena nata, viene immediatamente sottoposta ad una serie di controlli tra cui una risonanza magnetica, che evidenzia qualcosa che non andava. Viene consigliato ai genitori della bambina di andare al Gaslini di Genova, ma anche qui il neurochirurgo che la visita, non riconosce la patologia della bambina. La famiglia fa dunque rientro in Sardegna e sottopone la neonata ad altri controlli. A novembre 2011 un elettroencefalogramma evidenzia delle problematiche serie nella neonata di appena due mesi ed i medici dicono ai genitori che la bambina avrebbe avuto massimo un anno di vita.
I genitori di Benedetta, che non avevano altri figli e dopo di lei non ne avranno, non si perdono d’animo e tornano a Genova, al Gaslini, nosocomonio nel quale si recano più volte, sino a quando dopo due anni di visite e controlli, riescono ad avere finalmente la diagnosi della CDG e a distanza di cinque anni scoprire di quale variante della malattia si trattasse.
“Quando ci hanno dato la notizia, siamo caduti in un burrone – prosegue il padre -. Come genitore ti fai tante domande, ti chiedi di chi è la colpa. Ma essendo la variante di mia figlia una delle tre che non viene trasmessa dai genitori, questa cosa in qualche modo ci ha sollevato”. Benedetta non cammina, non parla, non resta seduta.
Ma, nonostante questo, interagisce coi genitori e gli amici attraverso sorrisi e vocalizzi oppure, se qualcosa non è di suo gradimento, sbotta. La bambina frequenta la terza classe elementare a Valledoria ed ama moltissimo il contatto con i suoi compagni di scuola che la adorano anche se purtroppo a causa del Covid non può frequentare. Il calvario della famiglia alla ricerca di cure, che possano in qualche modo migliorare le condizioni di salute della bambina, passo attraverso altri ospedali. Da Lecco a San Giovanni Rotondo, convenzionati con la ASL sarda, sino ad un centro privato in Slovacchia per andare nel quale, sono costretti a dover chiedere aiuto agli altri, creando un’associazione Lo zucchero sfilato, che ha raccolto i fondi per permettere a Benedetta ed altri bambini di curarsi.
“In Slovacchia siamo stati tre volte e ogni volta occorrono 6.000 euro per affrontare il viaggio e la permanenza nel centro. I medici slovacchi ci hanno consigliato di andarci almeno cinque volte in un anno, perché diversamente se passa troppo tempo tra una visita e l’altra, il cervello di Benedetta di fatto resetta i progressi portati avanti nel corso della fisioterapia e delle cure portate avanti in Slovacchia”, continua il padre.
A proposito di fisioterapia. Benedetta avrebbe diritto per la sua disabilità, secondo quanto previsto dalla legge e a delle terapie convenzionate cinque volte a settimana. Da un anno, Benedetta non usufruisce di questo servizio, che già prima del Covid veniva di fatto esercitato meno di cinque volte a settimana. L’unico aiuto che la famiglia ha nella gestione della piccola è quello di una OSS che va a casa loro tre volte a settimana.
“Nonostante le difficoltà, sono riuscito a portare avanti il mio lavoro di commerciale all’estero e questo mi permette di svagarmi. Ma mia moglie si occupa costantemente di Benedetta. Abbiamo uno psicologo che ci aiuta ad affrontare la situazione. La società non ci ha mai emarginato, anzi. Dovrei davvero dire grazie a tantissime persone che ci hanno aiutato in questi anni. Chiedo solo una cosa: che la Regione e lo Stato ci aiutino ad affrontare le spese per portare Benedetta in Slovacchia, perché solo grazie al tipo di terapie e cure portate avanti in quel centro, abbiamo riscontrato dei miglioramenti in nostra figlia. Mi auguro che qualcuno ci ascolti e ci dia davvero una mano”.