A Sassari crescono i casi di Hiv: “Poca informazione e tanti pregiudizi”

I numeri dei contagi di Hiv.

Solo a Sassari i pazienti positivi all’Hiv, in cura con le terapie anti retrovirali, sono 1200. Un’epidemia che non si è mai fermata e di cui se ne parla purtroppo ancora poco.

Da una parte aumentano i contagi di Hiv mentre dall’altra c’è ancora poco accesso alla prevenzione delle infezioni. E’ la drammatica situazione denunciata dell’associazione Lila Cagliari (Lega Italiana della Lotta contro L’Aids) in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, che punta il dito sul frammentario sistema di sorveglianza nazionale del virus che continua a diffondersi sopratutto tra i giovani. La pandemia di coronavirus ha peggiorato, inoltre, l’accesso alle nuove diagnosi e delle cure con le terapie anti retrovirali.

“Alla base dei nostri dubbi – spiega Brunella Mocci, Presidente Lila Cagliari – c’è, soprattutto, il fatto che continui a mancare il numero complessivo di test eseguiti, tanto più importante in era covid, vista la sospensione o la contrazione subita nel 2020 da molti servizi pubblici di screening”. Il dato sulle nuove diagnosi, risulta, pertanto, molto parziale, soprattutto rispetto al 2020. Inoltre non si riduce il ritardo di notifica, un problema che si ripropone dall’inizio delle rilevazioni ma che quest’anno, causa coronavirus, potrebbe aver assunto proporzioni superiori.

Il lockdown ha, inoltre, reso difficile l’accesso ai test gratuiti e la reperibilità dei farmaci a domicilio per la terapia verso i pazienti che hanno contratto l’Hiv. Ancora grandi i problemi nella lotta del virus in Italia e Sardegna, dove prevenirlo è molto costoso. Non basta, quindi, l’assente informazione sui media per usare il profilattico e per ottenere la PrEp, ovvero la cura che si può prendere dopo un rapporto a rischio.

Dati e prevenzione inadeguata.

“La PrEP non viene rimborsata, quindi i costi sono a carico del paziente, con prezzi che non sono convenienti per chi ha una situazione economica precaria – dichiara Giacomo Dessì, volontario Lila -. La terapia costa tra i 60 e i 70 euro al mese e spesso non tutte le farmacie dispongono di questi farmaci”. L’accesso al preservativo continua a essere inaccessibile, sopratutto per i giovani e per le persone a reddito basso, a causa dei prezzi. “Negli altri paesi europei, sia la PrEp che i preservativi sono gratuiti”, aggiunge. L’educazione sessuale nelle scuole, a differenza di altre nazioni in Europa, non esiste. Questo determina un aumento di nuove infezioni in Sardegna tra le fasce più giovani, dove tra i 25-29 anni, 5,5 casi ogni 100mila abitanti, più del doppio dell’incidenza media totale che è pari a 2,2 per 100mila residenti. Nel Regno Unito, dove la PreP è gratuita, si sono ridotti il 71% delle infezioni.

Considerando che il momento dell’infezione precede, solitamente anche di qualche anno, quello della diagnosi, è evidente come siano proprio i più giovani a pagare, ancora, il prezzo più alto di questa disinformazione organizzata di Stato. Causa della disinformazione è l’aumento delle diagnosi tardive, che espongono il paziente a un rischio maggiore di contrarre l’Aids, ovvero la malattia causata dal virus dell’Hiv. Nel 2020, il 40% delle persone residenti in Sardegna, aveva meno di 200 CD4 ed era, quindi, già in Aids. Più di un terzo delle persone, ovvero il 37,1% ha fatto il test in presenza di sintomi. I nuovi casi di Aids, nel 2020, sono stati 352, pari a un’incidenza di 0,7 nuovi casi per 100mila residenti.

Troppi i pregiudizi.

Diagnosi tardive, scarsa informazione, mancato accesso alla prevenzione: frutto di un atteggiamento ancora punitivo e stigmatizzante dell’Hiv e della sessualità. Ne è convinta l’associazione Lila, che ha rilevato ancora la presenza di stereotipi verso i positivi al virus. “Un positivo che prende la terapia a base di farmaci anti retrovirali non è pericoloso per gli altri e non è contagioso – dichiara Giacomo Dessì -. I farmaci contro l’Aids abbassano non solo il rischio di contrarre la sindrome e allungare l’aspettativa di vita, che oggi è uguale alle persone sieronegative, ma annulla il rischio di trasmettere ad altri il virus. Attualmente, in Italia, circa il 95% delle persone in trattamento antiretrovirale si trova, infatti, in una condizione di non-infettività, una conquistata delle persone con HIV e della comunità medico-scientifica italiana”.

Condividi l'articolo