Tantissime persone in piazza a Sassari per Giulia Cecchettin e tanti giovani.
Erano migliaia le persone, soprattutto giovani donne, scese in piazza a Sassari per Giulia Cecchettin con una fiaccolata rumorosa al grido di “Per voi bruceremo tutto”, riprendendo le parole della sorella Elena. Un’adesione incredibile per dire basta ai femminicidi e alle violenze contro le donne.
L’efferato delitto di Giulia, giovane laureanda veneta ha indignato tutta Italia, dando vita a una serie di proteste da parte non solo delle associazioni femministe. La fiaccolata a Sassari, infatti, è stata organizzata dall’associazione culturale Clip, Antonella Panu e Selene Dessena, dove hanno aderito numerosi cittadini, associazioni e sigle sindacali. La fiaccolata rumorosa è partita alle 19 dall’Emiciclo Garibaldi e poi si è riversata con un fiume di persone per le vie del centro storico.
Una manifestazione che però ha lo stesso obiettivo, quello di protestare contro le discriminazioni di genere che si tramutano in violenze che non possono essere più tollerate. Perché non può più essere accettato con silenzio passivo il dominio degli uomini sulle donne in una società che si ritiene civile. Le proteste in tutto il Paese hanno spinto il Governo ad una serie di inasprimenti che da ieri sono legge, ma questo non basta per fermare la violenza contro le donne.
Per scardinare questo fenomeno ci vuole una rivoluzione culturale che possa scardinare tutti gli stereotipi di genere, che sono ancora vivi e vegeti nella nostra società. Quelli che legano il corpo femminile a qualcosa da possedere e conquistare. Per questo motivo le proteste non sono finite e in tutto il Paese da quasi una settimana stanno scendendo in piazza numerosissime persone, donne soprattutto, per dire basta alla violenza di genere, ma soprattutto all’indifferenza delle istituzioni.
Con il femminicidio di Cecchettin, il 108esimo dall’inizio del 2023, si è aperto uno spiraglio e una nuova consapevolezza: questi delitti come ogni violenza contro le donne non possono più essere più classificati come delitti passionali o questioni private. La strada era già spianata perché il nostro Paese in tarda estate stava vivendo un’altra grande ondata di indignazione, dopo lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo il 7 luglio scorso, ma reso noto soltanto alla fine di agosto.
Anche in questa occasione ci sono state diverse proteste delle associazioni femminili, ma politica e informazione si sono limitati ad affrontare la questione come un problema di sicurezza nelle strade e delle periferie, soprattutto per il caso di Caivano, con il decreto che porta il suo nome. Ma la violenza sulle donne non può più essere affrontata senza chiamare in causa il patriarcato, che è la principale causa di tutte le discriminazioni contro il genere femminile.