Muore di Covid nella Rsa, la Procura chiede il processo per 5 indagati

Indagati sulle morte per Covid nella Rsa di Sassari.

La Procura di Sassari ha chiesto il processo per i responsabili della casa di riposo “San Nicola” per i tanti pazienti contagiati e morti di Covid. All’origine del procedimento l’esposto di una 40enne, che ha perso la mamma di 68 anni e che si costituirà parte civile all’udienza fissata per il 26 ottobre. La battaglia per rendere giustizia alla madre, una delle innumerevoli vittime del Covid nelle case di riposo italiane, ha trovato una risposta. La denuncia di Stefania Rubelli, 40 anni di Sassari, prima mediatica e poi formale, con il supporto di Studio3A ha portato all’apertura di un procedimento penale da parte della Procura cittadina a carico di 5 persone tra medici, tecnici e manager. Il pubblico ministero, Paolo Piras, ha chiesto il rinvio a giudizio, con udienza preliminare fissata per il 26 ottobre 2022.

La vicenda.

La vicenda di Margherita Cesaracciu, che aveva 68 anni ed era del tutto non autosufficiente, è simile a quella di tanti altri anziani. La donna era affetta da sclerosi multipla e da due anni era ricoverata nella Rsa San Nicola di Sassari. Tra fine febbraio e inizio marzo 2020, quando la pandemia ormai si stava manifestando, la casa di riposo aveva chiuso le porte ai parenti degli ospiti, in applicazione del Dpcm del 4 marzo 2020: da allora i contatti con la mamma si erano ridotti a una breve telefonata quotidiana, e le video-chiamate sono state possibili solo con l’ausilio del personale. È durante una di queste chiamate che la donna ha notato come l’operatore sanitario che aiutava la madre fosse sprovvisto dei più elementari dispositivi di protezione individuale, come la mascherina.

Giornate drammatiche nella Rsa.

Il 19 marzo la figlia della paziente viene informata, dal personale amministrativo della struttura, che all’interno sono stati effettuati 4 tamponi, 4 dei quali risultati positivi: degenti che, non potendo essere trasferiti, sarebbero rimasti in isolamento nella stessa San Nicola. Sono le prime avvisaglie di quello che diventerà uno dei più gravi focolai della Sardegna, con giornate drammatiche come quella del 28 marzo, quando si contano 5 morti in 24 ore, o del primo aprile, nella quale è l’assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, in persona a comunicare il primo bilancio-shock dei tamponi, a cui sarebbero poi stati sottoposti tutti i 120 ospiti: 44 positivi sui 55 test effettuati. Quasi tutti.

L’appello al Prefetto.

Stefania Rubelli nel frattempo si mobilita, attraverso i media, per sollecitare le autorità competenti all’adozione di “necessarie misure di tutela di operatori e pazienti, senza le quali il virus diventerà presto sinonimo di sterminio” scrive in una toccante lettera alla stampa, con una profezia che purtroppo si avvererà. Il suo accorato appello pubblico agli enti preposti, Prefetto di Sassari in primis (“aiutateci a poter rivedere e riabbracciare vivi i nostri cari”), per estendere l’obbligo della copertura del tampone a tutto il personale sanitario regionale, anche a quello asintomatico, rafforzare i laboratori per le analisi e dotare il personale dei dispositivi di protezione individuale necessari, qualche risultato lo produce. Ma non basterà a salvare mamma Margherita.

Il peggioramento.

Dal 19 marzo non arrivano altri aggiornamenti ufficiali dalla struttura, se si eccettuano le rare comunicazioni, a titolo privato, da parte del personale, ma pare che la San Nicola abbia modificato la distribuzione di spazi e ospiti, creando tre diverse zone: una rossa per i pazienti già risultati positivi al Covid-19, una intermedia per pazienti che già presentano alcuni sintomi, e un’altra “pulita” che ospita i soli pazienti asintomatici. E, soprattutto, intervengono anche le autorità, in particolare quelle mediche militari, rifornendo di Dpi la struttura e iniziando la somministrazione a tappeto dei tamponi, tra cui quello che il 29 marzo viene effettuato alla signora Ceseracciu, che risulterà positiva. La paziente in poche ore palesa un peggioramento delle sue condizioni e nella stessa giornata è trasportata d’urgenza in ambulanza al Pronto Soccorso del Santissima Annunziata, e poi trasferita nella sezione Covid-19 del reparto Pneumologia delle Cliniche San Pietro. Sembra possa farcela, è stabile, tanto che si decide di trasferirla, il 6 aprile, al Policlinico di Sassari. Qui la 68enne accusa un ulteriore peggioramento, tanto che lo stesso giorno viene ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva dello stesso nosocomio, dove spira la sera del 19 aprile.

Il rinvio a giudizio.

Il pubblico ministero ha aperto un procedimento penale per l’ipotesi di reato di “omicidio colposo – violazione delle norme di sicurezza negli ambienti di lavoro – epidemia“, iscrivendo nel registro degli indagati M. F. B., la direttrice sanitaria della Rsa, C. P. ed F. G., medici, A. R., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, e B. D. P., presidente della Saccardo, la cooperativa sociale che gestisce questa e altre strutture del gruppo Korian. E ora dopo tante richieste di conoscere lo stato dell’arte dell’inchiesta, la Procura ha risposto che è stato chiesto il rinvio a giudizio con prossima udienza il 26 ottobre in tribunale a Sassari, nella quale la figlia della vittima si costituirà parte civile.

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