Muore di tumore all’ospedale di Sassari, la Cassazione dà ragione ai medici

Alessio Ara

Il caso a Sassari.

La Cassazione ha assolto un medico di Sassari accusato di omessa diagnosi di tumore al cervello su una paziente deceduta. Secondo i giudici i sintomi manifestati dalla donna erano riconducibili anche a una diversa patologia di cui egli era affetta.

Nella causa i parenti della paziente scomparsa avevano chiamato a giudizio l’Asl di Sassari, lamentando ritardi nella diagnosi, e, quindi, l’incompletezza delle cartelle cliniche. Nel 2011 la paziente si era recata al pronto soccorso lamentando vomito e cefalea e, in quella occasione, i medici le avevano diagnosticato il diabete, senza fare ulteriori approfondimenti.

Durante il secondo accesso presso la struttura sanitaria la paziente soffriva di deambulazione, ma ciò non aveva indotto i medici approfondimenti sullo stato di salute. Soltanto la terza volta, dopo una caduta dal letto del reparto ospedaliero dove era ricoverata, i medici, durante un esame neurologico, avevano scoperto un tumore benigno al cervello che li aveva portati ad eseguire una serie di interventi chirurgici. Tuttavia, nonostante le cure, la paziente è morta a causa di una broncopolmonite e anossia cerebrale.

I congiunti avevano chiesto il risarcimento dei danni subiti all’Asl sassarese. Tuttavia, il tribunale di primo grado aveva rigettato la richiesta, ritenendo che non c’era alcun nesso di causalità tra la presunta omissione dei medici e la morte della paziente. In particolare, durante gli accessi pronto soccorso non erano emersi sintomi tali da far sospettare la presenza del tumore, in quanto la cefalea era anche un sintomo del diabete. Inoltre, l’incompletezza delle cartelle cliniche non aveva alcun nesso tra i sintomi e la morte della donna.

La decisione di primo grado è stata confermata anche dalla corte territoriale, a cui si erano rivolti i parenti, impugnando la prima sentenza. I famigliari della vittima non si sono dati per vinti, ricorrendo anche alla Cassazione, lamentando che i giudici territoriali avevano sbagliato nel non ritenere inadempienti i medici dell’ospedale di Sassari per aver svolto in ritardo gli accertamenti e per non aver tenuto correttamente la cartella clinica. In secondo luogo, per non aver rispettato il principio di ripartizione dell’onere della prova in materia di responsabilità medica, per non aver i giudici ritenuto che l’ospedale non ha provato a tenere la cartella clinica.

La Cassazione ha quindi dato ragione ai medici, ritenendo che la Corte di Appello avesse correttamente escluso la colpa dei medici dell’ospedale per il ritardo nella diagnosi del cancro della paziente. Secondo la Cassazione, infatti, i sintomi della donna erano generici e riconducibili a un’altra patologia, ovvero il diabete di tipo I, ritenendo che non c’erano sintomi tali da fare approfondimenti neurologici. Infine, i sintomi erano occasionali ed erano regrediti dopo la cura farmacologica prescritta dai sanitari.

Secondo la Corte Suprema, inoltre, la non completezza della cartella clinica non si poteva collegale alla morte della paziente e nemmeno a errori commessi durante gli interventi, ma da complicanze del diabete mellito di cui la paziente era affetta. Secondo gli Ermellini, inoltre, i parenti non avevano provato il nesso di causalità tra la condotta dei medici e la morte della congiunta.

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