Uccise la moglie ad Alghero, giallo su un post dell’assassino

Il giallo su un post dell’omicida Marcello Tilloca.

Marcello Tilloca, condannato in via definitiva dai giudici della prima sezione della Cassazione – lo scorso 9 marzo – a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Michela Fiori, ricompare tre giorni fa sul suo profilo facebook. Lui o un fake, con un post pieno di accuse contro la moglie, e madre dei suoi due figli, strangolata nella sua casa di Alghero il 23 dicembre del 2018. È lecito dubitare dell’autore delle parole apparse sui social visto che l’uomo non può avere accesso a internet né al cellulare. Si nota però una corrispondenza tra il contenuto del post e alcune affermazioni di Tilloca del passato come quelle espresse in una lettera shock inviata alla Nuova Sardegna nel febbraio del 2019.

Il 46enne sostiene che nessuno quanto lui conosceva bene la vittima a cui imputa “un lato oscuro”. Parla di “verità nascoste che solo io conosco” e afferma che Michela si è “lasciata trasportare dalle persone che tu credevi amiche e invece ci hanno solo rovinato la vita con le loro cattiveria”. A più riprese ritorna su un presunto tradimento della donna, con parole come “infedeltà”, “affronto”, “la tua mancanza di rispetto verso chi ti stava affianco”. Sembra quasi autoassolversi arrivando di fatto a scaricare la responsabilità dell’accaduto su Michela. D’altra parte Tilloca, pur avendo subito confessato il suo gesto, non ha mai mostrato segni di pentimento.

Un post che ha provocato le reazioni indignate dei lettori, tutti uniti nel definire “un’indecenza” e “un orrore” il messaggio. Come detto risale alla scorsa settimana la conclusione dell’iter giudiziario per l’uomo, già condannato nel 2019 con rito abbreviato dal gup del Tribunale di Sassari, sentenza ribadita dalla Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, nel novembre 2020. Infine la Cassazione ha rigettato la scorsa settimana il ricorso presentato dai legali dell’uxoricida confermando la condanna e il pagamento di 100mila euro a testa per la madre, il fratello e la nonna di Michela oltre a quello delle spese processuali e il risarcimento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili.

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