Pochi clienti e bollette salate, le pizzerie di Sassari in crisi: “Ci stanno facendo fallire”

Un pizzaiolo costretto a fare i conti col caro bollette e la possibile chiusura dell’attività.

Cronaca della morte di una pizzeria annunciata. A Sassari va in crisi la ristorazione con il caro-bollette e l’onda lunga del covid che spiaggia attività decennali. “Faccio pizze da 27 anni – ci rivela un esercente che vuole rimanere anonimo – ma non posso più andare avanti”.

Sei i giorni lavorativi e due solo quelli di incassi, peraltro “mediocri”. “Facciamo qualcosa di più il sabato e il lunedì perché sono chiusi gli altri. La domenica sto fermo per non stringermi ulteriormente il cappio al collo”. Il primo affondo l’ha dato la pandemia, poi il conseguente diradarsi dei clienti: “Mi dicono tutti che non hanno soldi. Nei giorni feriali, quando vengono, sono dieci e al massimo facciamo quindici consegne a domicilio”.

Numeri da collasso che accomunano molte pizzerie sassaresi e, in particolare, quelle del quartiere di Latte Dolce-Santa Maria Pisa in cui vive e opera il nostro interlocutore. Il colpo di grazia arriva infine in bolletta con aumenti di duecento e passa euro che, in questi casi, significano un annuncio funebre: “Metti in conto poi il costo della mozzarella. Dobbiamo usare tutti quella che viene di meno o siamo finiti”. Sette chili 35 euro, 15 chili 65, queste le cifre da spendere con cadenza quotidiana, a cui bisogna aggiungere quelle per le altre materie prime e, dulcis in fundo, “i 400 euro d’affitto”. Per chi si è messo in proprio il colore dell’orizzonte è uno solo: “Nero. Andiamo avanti zoppicando finché non saremo costretti a fermarci”. Anche perché lo Stato non spinge: “Ho avuto zero ristori, manco un euro”.

La tenaglia governativa si vede anche negli aspetti in apparenza secondari: “Il pagamento col pos ci rovina. I soldi ci arrivano dopo tre giorni e con un euro di commissione”. Molti col reddito di cittadinanza usano questa via: “Mi è capitato che qualcuno volesse pagare col pos una lattina di coca-cola. Ma a me poi cosa mi rimane in tasca?” Stando così le cose, a quasi 50 anni, unica fonte di reddito per la famiglia, tocca reinventarsi il futuro: “Mi fa male ma dovrò smettere di fare l’imprenditore per ritornare sotto padrone come quando ho iniziato a diciannove anni. Sto già guardandomi attorno”. E se non dovessi trovare lavoro come pizzaiolo? “Farò l’operaio. Ma sia chiaro che se abbasserò la serranda il fallimento non sarà mio ma dello Stato”.

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