L’appello del soprintendente di Sassari: “Non c’è solo Alghero e Costa Smeralda. Salviamo il nostro carattere”

Il soprintendente Bruno Billeci interviene sul ruolo dell’ente.

Bruno Billeci, trapanese, architetto, professore associato di restauro, è il Soprintendente di archeologia, belle arti e paesaggio delle province di Sassari e Nuoro da aprile 2019. Per il dirigente, il cui incarico è prossimo alla scadenza, arriva il tempo dei bilanci. “Tre anni – spiega Billeci – sono un tempo congruo per dare un’impronta all’ufficio e riuscire a gestirlo. Posso dire che la pandemia, con la difficoltà di vigilare sul territorio, non ci ha agevolato ma noi siamo tra i pochi enti che sono sempre rimasti aperti”. Lottando con un organico deficitario passato, tra riforme e quota 100, dai 120 circa effettivi del 2019 distribuiti nelle sette articolazioni ai 47 attuali. “Abbiamo perso due terzi del personale in poco tempo senza che peraltro diminuissero le pratiche in entrata e uscita. Nonostante questo siamo riusciti soltanto l’anno scorso a esaminarne oltre diecimila solo sul paesaggio”.  Mancano amministrativi, supporti al protocollo, ai tecnici, agli architetti, costretti al multi-tasking, per lavorare su un ambito territoriale quanto mai vasto. E ancora da valorizzare. “I sardi devono lottare, anche a costo di sacrifici, per trovare un proprio modello di turismo e mantenendo il proprio carattere. La Sardegna non può essere solo Costa Smeralda e Alghero”.


E a proposito della città catalana inevitabile parlare di Punta Giglio e delle infinite polemiche sulla riqualificazione dell’ex area militare. “Il primo progetto è stato rifiutato e ampiamente rivisto cercando di bilanciare esigenze diverse di recupero e fruibilità. Se poi qualcuno mi chiede: ma non era meglio che avesse soltanto un uso pubblico? Auspicabile, ma questo ha un costo, e al giorno d’oggi quale ente pubblico ha questa possibilità?” Billeci scaccia poi l’ombra della politica e altri fattori sulla risoluzione del caso: “Nessuno ci ha fatto pressioni. Gli indirizzi che riceviamo dal ministero sono solo tecnici-scientifici, mai politici. Il confronto con chi governa il territorio è il più delle volte collaborativo e sinergico, sostiene il soprintendente, ma capita anche che ci possano essere delle difficoltà. “Le faccio un esempio: quando si doveva decidere per la collocazione del monumento alla Brigata Sassari un politico mi chiese se non era il caso di fare un referendum. Ho dovuto rifiutare perché sono un dirigente pagato dallo Stato per prendere decisioni. Non devo fare scelte popolari ma in scienza e coscienza rispetto alla situazione. Un problema è che possiamo, in talune circostanze, essere utilizzati come un birillo o un dissausore dalla politica”. Quasi dei capri espiatori insomma, come nel caso dell’hotel Turritania, l’edificio di Porta Sant’Antonio sottoposto a vincolo dal 2006 e su cui si discute da decenni chiedendone l’abbattimento: “Chiediamoci: Quanto il Turritania sia un problema e quanto un paravento per la nostra incapacità di risolvere problemi urbanistici realmente complessi?”


Sul restauro e il progetto da fare sull’immobile coi soldi ministeriali del Pinqua annunciato nei mesi scorsi dall’amministrazione comunale Billeci avverte: “Finora non abbiamo ricevuto nulla. Ma credo servirebbe fare uno studio di fattibilità prima di farci pervenire il progetto definitivo”. Capitolo Cittadella giudiziaria, opera al centro di una grande confusione mediatica e politica: “Nel 2018 si era arrivati a un protocollo comune per la riconversione. Per noi da allora non è cambiato nulla e nessuno ci ha interpellato. Aspettiamo anche qui il progetto. Quindi perché dovremo battere un colpo noi, se non è cambiata la condizione al contorno?” Infine Bruno Billeci sfata il mito della Soprintendenza come luogo chiuso che prende decisioni misteriose: “Collaboriamo con tutti, dai sindaci ai vescovi ai cittadini. E’ ovvio però che i pareri che diamo tante volte non sono popolari e che il nostro ruolo è scomodo.  Le soprintendenze in Sicilia sono meno invise perché sono organi regionali. Noi invece dipendiamo dallo Stato e questo, per retaggi atavici, è sospetto. Anche se sono certo sia un pregiudizio superabile e superato da chi si confronta quotidianamente con noi”.

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