Sub disperso a Stintino, la sorella: “Ecco cosa è successo davvero”

Davide Calvia

Proseguono le ricerche di Davide Calvia, il sub disperso a Stintino.

Sono trascorsi 9 giorni dal naufragio dei sub nelle acque di Ezzi Mannu, a Stintino. Mentre proseguono le ricerche di Davide Calvia, nelle scorse ore Giovannino Pinna è stato dimesso dall’ospedale civile Santissima Annunziata di Sassari.

Il racconto della sorella di Davide Calvia.

“Il giorno del naufragio, dalle informazioni a me pervenute, si dice che l’sos alla Capitaneria di Porto è stato lanciato verso le 16 con una richiesta di aiuto a causa della barca che imbarcava acqua e che a terra vedevano le ciminiere di Fiumesanto e si vedeva Pozzo San Nicola, (Ezzi Mannu) – scrive la sorella -. Nella chiamata si riferisce di essere Giovannino Pinna. Dichiara che stavano indossando le mute, i giubottini salvagente e si buttavano in acqua ad aspettare i soccorsi. Sempre da alcune informazioni che mi sono state date è stato riprovato a chiamare il cellulare da cui è partito l’sos, ma ha squillato senza avere nessuna risposta, e seguentemente è risultato spento“.

I soccorsi ai sub dispersi da Stintino.

La macchina dei soccorsi è partita immediatamente verso il punto segnalato, con motovedette della Capitaneria di Porto e elicotteri dei vigili del fuoco, ma non è stata trovata nessuna traccia nè di Giovannino Pinna, nè di Davide Calvia, della barca e tantomeno di nessun oggetto, attrezzo, o indumento nella loro disponibilità prima del naufragio.

“Le ricerche sono andate avanti fino a tarda sera, senza alcun esito positivo. Inoltre, sempre da informazioni dette da altri, quando è stato dato l’sos c’era luce e tirava vento di terra, perciò impossibile per i soccorritori non vedere e non trovare nulla di nulla, Anche perché in volo si è alzato l’elicottero dei vigili del fuoco, il 139, fornito anche di infrarossi. Qualcosa potrebbe sfuggire a una motovedetta, ma a un elicottero del genere no”, prosegue Nadia Calvia. I soccorsi erano stati sospesi a causa del peggioramento del tempo e ripresi il giovedì verso le 8 con tantissime squadre a terra della Capitaneria di Porto e molti volontari, ma anche qui tutto volatilizzato.

Il ritrovamento di Giovannino Pinna.

“Verso il pomeriggio, si dice che è stato triangolato il segnale del telefono all’ultima chiamata e si parla che la cella ha agganciato il telefono a Marritza. La sera finalmente qualche buona notizia. Viene trovato mio cugino a Porchile, al nono pettine, sulle roccette, semi incosciente. Il testimone che lo ha trovato inizialmente ha dichiarato che sembrava morto e che solo dopo aver urlato lo ha visto muoversi. Subito dopo c’è stato l’intervento dei soccorritori del 118 e il trasporto in ospedale. Chi lo ha visto mentre veniva caricato in ambulanza riferisce che era in buone condizioni, senza grossi segni evidenti anche sul volto, in quanto protetto dalla muta e col giubottino, ed essendoci mare brutto e maestrale sicuramente sbatteva sulle rocce, tanto è vero che si vociferava da subito che i parametri della pressione erano buoni. Aveva un probabile inizio di ipotermia. In ospedale poi dai parametri risultava anche un principio di annegamento! Ventisette ore in acqua, anche se purtroppo non per tutti quelli che parlano è vero”.

Le scarpe consegnate alla Capitaneria.

Venerdì 14 continuano le ricerche. Una squadra di volontari parte dalla discesa di Tonnara e prosegue a piedi verso Punta Tramontana. Più o meno a 400 metri viene rinvenuta una scarpa e dopo solo altri 50 metri l’altra. Scarpe Adidas, in condizioni perfette, nuove, pulite e bagnate. A questo punti viene avvisata la Capitaneria e vengono consegnate le scarpe che poi verranno riconosciute.

Man mano che le condizioni di salute di Giovannino Pinna migliorano gli si chiede aiuto per capire il punto esatto del naufragio. Viene riferito e confermato il punto del naufragio. E viene aggiunto che Davide era con lui fino a che non è diventato buio e che si trovavano davanti alle petroliere dove c’è la Torretta e che il giubbotto salvagente di Davide si era slacciato. Da quel momento buio totale. Le ricerche continuano senza esito per giorni e si prosegue in tutte le calette, scogli e discese a mare. Ovunque.

La famiglia smentisce le telecamere.

“Mio Fratello e la barca si sono volatilizzati. Si parla di tante ipotesi. Pesca di ricci, furto di pesce, addirittura si è pensato anche ad altre cose assurde successe in mare. Si parla di una terza persona. Insomma per noi parenti un calvario, non sapendo più dove sbattere la testa. Provando a chiedere a Giovannino Pinna con che barca erano, risponde che era una barca prestata a Davide, ma purtroppo non ricorda il nome di chi. E questo è anche giusto e accettabile. D’altronde ha visto la morte in faccia. Non dichiara che la barca è stato messa in acqua a Stintino, trasportata col carrello, cosa poi smentita dalla presenza di telecamere che non hanno ripreso nulla di tutto ciò”, afferma ancora Nadia Calvia.

In quella barca, secondo i familiari di Calvia, è stato dichiarato dal proprietario la presenza di mute, salvagenti e altre cose che avrebbero galleggiato. “Ma non è detto che la barca l’avessero rubata loro e che il naufragio è avvenuto con quella – afferma Nadia -. Nessun punto di partenza, nessun indizio valido, buio totale su tutto e soprattutto mio fratello disperso, con poche speranze da parte nostra ormai di trovarlo in vita, ma col desiderio di trovare almeno il corpo per darle una degna sepoltura e poterlo piangere. Tutte bugie cattiverie e nessun aiuto, tutto questo è vergognoso. Le ricerche sono proseguite, anche se molto meno, ci sono soprattutto squadre da terra e volontari“.

“Se mio fratello ha sbagliato e verrà trovato vivo, io sarò la prima a chiedere che venga fatta una chiave di cioccolata e che sconti la sua pena per i suoi errori. Ma se nell’ipotesi che lui non fosse fisicamente più con noi allora giuro per quanto è vero che mi chiamo Nadia, che gli farò giustizia. Perché al di là di tutto è pur sempre un essere umano e come tale va rispettato“, conclude.

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