Pinsa: storia e curiosità sul piatto romano che conquista tutti

Il profumo delizioso, la crosta croccante, la leggerezza di un impasto che non appesantisce: la pinsa è una delle scoperte gastronomiche che negli ultimi anni ha sedotto appassionati e curiosi. A metà strada tra tradizione e innovazione, questo piatto romano ha saputo guadagnarsi un posto d’onore sulle tavole di chi ama il buon cibo.

E non è difficile capire perché: dietro la sua forma ovale, apparentemente semplice, c’è una storia affascinante, fatta di ricerca, di tecniche di panificazione e di passione autentica. Chiunque la assaggi, una volta, tende a cercarla ancora: provare per credere, o meglio, scopri la pinsa, com’è fatta, la storia, le origini.

La pinsa, una ricetta moderna

Non è una semplice variante della pizza, ma un impasto completamente diverso, che nasce da una miscela accurata di farine di frumento, riso e soia. La loro combinazione non è casuale: il riso dona croccantezza esterna e morbidezza interna, il frumento trattiene l’acqua, la soia aggiunge sostanza con un contenuto ridotto di grassi.

Ma la vera particolarità sta nella lunga fermentazione: 72 ore di riposo con pasta madre. Un tempo dilatato che trasforma l’impasto in qualcosa di più leggero, fragrante e digeribile. La lavorazione è rigorosamente manuale, con le dita che imprimono piccole pressioni fino a formare bolle irregolari. È da quel gesto artigianale che nasce la sua caratteristica forma ovale, diversa da qualunque pizza tonda.

Dietro questo equilibrio c’è la visione di Corrado Di Marco, il pinsaiolo romano che all’inizio degli anni Duemila ha dato vita alla pinsa romana così come la conosciamo oggi, ovvero una ricetta brevettata, che custodisce la proporzione esatta degli ingredienti e la tecnica di lavorazione.

Perché la pinsa conquista

Il successo della pinsa non è un fenomeno passeggero, ma la conseguenza di una scelta precisa: privilegiare leggerezza e gusto senza rinunciare alla tradizione. Chi la prova nota subito la differenza. La crosta è croccante, ma al morso la mollica resta soffice, quasi ariosa. È un’esperienza che invita al bis, senza l’effetto di pesantezza che spesso accompagna una pizza classica.

A questa sensazione contribuisce l’idratazione elevata dell’impasto, che mantiene il prodotto umido e fragrante anche dopo la cottura. Non è raro che, a distanza di ore, una pinsa conservi ancora il suo equilibrio tra croccante e morbido. Un dettaglio che la rende ideale anche per chi ama gustarla con calma, magari accompagnata da un bicchiere di vino o birra artigianale.

Ma oltre alla consistenza, ciò che conquista davvero è la versatilità. La pinsa si presta a infinite interpretazioni: dalle versioni più semplici con olio e rosmarino, che esaltano la purezza dell’impasto, a quelle arricchite da ingredienti freschi e stagionali. Pomodori, verdure grigliate, salumi, formaggi: ogni abbinamento trova sulla sua base un alleato perfetto. Non sorprende che i migliori ristoratori abbiano iniziato a proporla nei menu, personalizzandola con tocchi creativi e originali.

Il pubblico l’ha accolta con entusiasmo, riconoscendole un’anima familiare ma nuova. C’è in lei un legame con i prodotti tipici romani, ma al tempo stesso un passo verso un modo più consapevole di mangiare, un equilibrio raro: piacere e leggerezza che convivono nello stesso piatto.

La nuova icona della tavola romana

Oggi la pinsa è un simbolo della capitale tanto quanto i carciofi alla giudia o la carbonara (di cui esiste persino il Carbonara Day). Da Roma ha iniziato a diffondersi in tutta Italia e oltreconfine, diventando ambasciatrice di un modo diverso di vivere l’esperienza del forno. Nei supermercati, nei locali di tendenza, persino negli eventi gastronomici internazionali: la sua presenza è diventata costante.

La sua forza è anche culturale. In un momento in cui cresce l’attenzione verso l’origine delle materie prime e i metodi di lavorazione, la pinsa racconta una storia di cura e autenticità, l’espressione di una ricerca che ha saputo mettere insieme sapere artigianale e sensibilità contemporanea.

Ogni morso racchiude secoli di panificazione romana, reinterpretati con uno sguardo moderno, racconto di una città e della sua capacità di rinnovarsi senza perdere radici. Quando la pinsa arriva in tavola, evoca convivialità, richiama la passione per le cose fatte bene.

Chi sceglie la pinsa desidera un’esperienza gastronomica che unisce gusto, benessere e memoria. Un piatto che parla romano, ma che sa dialogare con chiunque ami il buon cibo. Ed è questo, probabilmente, il segreto del suo successo universale: la capacità di farsi apprezzare da tutti, mantenendo intatta la sua identità.

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