L’intervista ad Andrea Aroni.
Andrea Aroni, un giovane di 29 anni originario di Sassari, potrebbe sembrare timido a prima vista, ma nasconde il talento e la determinazione che lo rendono un potenziale campione di pugilato. Nel mese di luglio, nella serata di boxe a Sequals in occasione del trofeo Primo Carnera, ha dimostrato il suo valore emergendo con una vittoria nella categoria dei pesi supermedi. La sua performance ha attirato l’attenzione degli appassionati di boxe e ha posto Aroni sulla mappa come una promessa in ascesa nel mondo dello sport. Non solo in Sardegna.
Qual è stata la sua motivazione principale per iniziare a praticare la boxe?
“”Fin da giovane, ho vissuto con la timidezza. Tuttavia, l’arte marziale esercitava su di me un fascino irresistibile. Guardando i film classici di Bruce Lee e Jackie Chan, ho intrapreso la pratica del jet kune do. Questo ha segnato l’inizio del mio approccio al confronto con gli altri. Ricordo chiaramente il momento in cui, durante uno sparring leggero con i guantini, ho preso il primo pugno in faccia. In quell’istante, la mia mente è impazzita, scatenando qualcosa nei miei processi mentali. Non capivo appieno, ma sapevo solo che volevo continuare. Poco dopo, ho realizzato che uno sport come quello era troppo lento per soddisfare il mio desiderio di competizione”.
Poi, cosa è successo?
“Ho deciso di dedicarmi al pugilato, ispirato anche dal fatto che mio fratello lo praticava. In quel periodo, potevano aspettarsi molte cose da un ragazzino come me, ma certo non che avrei scelto uno sport così impegnativo. Nel corso del tempo, ho compreso che il pugilato non solo mi aiutava a socializzare e confrontarmi con gli altri, ma stava anche contribuendo alla mia crescita personale. Ho fatto esattamente l’opposto di quello che avrei potuto aspettarmi da un punto di vista personale, osservando gli altri“.
Quali sono stati i momenti più difficili della sua carriera e come li ha superati?
“Attraversare i momenti più difficili richiede una forza mentale straordinaria. Ciò accade quando ti ritrovi a dover perseverare negli allenamenti, lottando per mantenere la concentrazione mentre la mente è affollata da mille pensieri. Momenti in cui rifletti su scelte di vita complesse, relazioni che si sono concluse male, e dubbi sulla tua capacità di superare gli ostacoli futuri. La mia strategia per superare tutto ciò è continuare a fare ciò che sto facendo, impedendo ai pensieri negativi di invadere la mente. Mantengo la testa bassa e persisto negli allenamenti, e quando un pensiero negativo si fa strada, rispondo con un impegno ancora più forte. In questo modo, trovo la forza di superare i momenti difficili“.
Quali sono gli aspetti più impegnativi dell’allenamento quotidiano di un pugile professionista?
“Trascorrere ore e ore in palestra ogni giorno è un impegno che comporta un impegno quotidiano. Ci sono momenti in cui avverto una sorta di voltastomaco all’idea di affrontare un altro allenamento. Eppure, in un paradosso irresistibile, non posso fare a meno di farlo. Questo sentimento contraddittorio potrebbe sembrare strano a chi non condivide la mia passione per l’allenamento, ma è proprio durante quei momenti di apparente disagio che trovo la forza e la determinazione per superare le mie sfide. Il rapporto con la palestra è complesso, ma è un elemento imprescindibile della mia routine quotidiana, in cui trovo sia fisico che mentale il sostegno necessario per crescere e migliorare costantemente“.
Qual è il suo approccio alla strategia di combattimento e come prepara ogni incontro?
“In quanto anarchico, non tollero che qualcuno imponga cosa devo fare o come devo allenarmi, a meno che non decida di ascoltare volontariamente. Purtroppo, in Sardegna, mancano le persone necessarie per stabilire una linea di allenamento stabile. Di conseguenza, la mia principale responsabilità è la pianificazione individuale, poiché non ho alternative. Cerco di implementare colpi specifici quanto più possibile, simulando una situazione di match, poiché questa è la strada che ho scelto per affrontare la mancanza di supporto strutturato nella mia regione”.
Andrea, cosa significa essere un campione non solo sul ring, ma anche fuori, nella società?
“Personalmente, non mi considero un campione. Il mio obiettivo è evolvere la mia mente. Desidero affrontare le sfide che questo sport mi presenta per crescere come persona e diventare migliore. Il cammino che ho scelto non è solo una ricerca di vittorie, ma un percorso. Affrontando le difficoltà e superandole, spero di raggiungere una forma di realizzazione più profonda”.