Ad Alghero il Monte Carru rinasce con il complesso Pedra Mea e un sito nuragico

I lavori per il Monte Carru ad Alghero.

Un’odissea a lieto fine. La storia di Monte Carru può essere semplificata così. Una vicenda lunga e travagliata, iniziata a fine anni ‘80, caratterizzata da dolori, fallimenti, abbandono e incuria ma che finalmente rivede la luce in fondo al tunnel. O meglio in fondo alla tholos, perché il lieto fine è anche archeologico. Venerdì scorso in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia sono stati presentati i lavori del nuraghe di Monte Carru II in un evento pubblico organizzato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari e Nuoro.

A scegliere l’inchiostro per scrivere il lieto fine è Botticelli Immobiliare Srl che a luglio 2018 aveva rilevato la proprietà del complesso dopo l’ennesimo fallimento e l’ennesima asta giudiziaria, l’azienda in questo progetto ha messo sul piatto un investimento da circa 30 milioni di euro. Una cifra considerevole destinata a tutto l’insediamento, dalla riqualificazione e realizzazione delle abitazioni ai servizi per la collettività come il nuovo parco comunale archeologico. Ecco uno dei tratti caratteristici dell’attività su Monte Carru: non solo edilizia ma pubblica utilità soprattutto con il nuovo complesso nuragico. Ed è su questo concetto che si sofferma Massimo Calogiuri, Head of Real Estate di Botticelli:

“Siamo fieri di aver contribuito a restituire alla comunità algherese un nuovo e accogliente quartiere residenziale, un luogo immerso nel verde che si affaccia su Capo Caccia e in cui domina una tranquillità unica. Ma soprattutto siamo davvero orgogliosi del lavoro svolto nelle aree verdi pubbliche, in cui abbiamo sovvenzionato la ricerca e gli scavi dei due nuraghi di Monte Carru. Oggi anche grazie al nostro impegno, alla successiva sinergia pubblico-privato e agli impegni che abbiamo seguito in maniera scrupolosa questo sito archeologico vede la luce ed è stato presentato alla collettività. Niente di tutto ciò però sarebbe stato possibile senza l’immenso lavoro svolto dagli esperti della Soprintendenza, dai nostri tecnici e le nostre maestranze che ringrazio davvero di cuore”.

I monumenti sono due, uno a est e uno ad ovest del quartiere residenziale in aree che sono già state cedute al Comune di Alghero. Tra i due sicuramente è quello di Monte Carru II, a est, ad essere più interessante dal punto di vista archeologico. Diego Masala, l’architetto algherese che per conto di Botticelli ha seguito il restauro e messa in sicurezza ne è convinto e racconta come si sono svolti i lavori.

“Il nuraghe di Monte Carru II è facilmente raggiungibile percorrendo un sentiero di un centinaio di metri che si sviluppa dal parcheggio. I lavori sono stati davvero sorprendenti, ci hanno permesso di capire la reale entità del sito, molto più importante e complesso di quello che ci si aspettava e di cui vi era traccia nelle fonti. Non solo, abbiamo anche trovato dei reperti di rarissima importanza e individuato soluzioni costruttive non così comuni. Siamo davanti ad una scoperta davvero di straordinario valore forse unica in tutta la Sardegna“.

Il nuraghe a cui si riferisce Puddu è un monotorre in trachite costituito da una tholos residua di 17 filari la cui altezza interna di 3,35 metri, è privo della chiusura sommitale e ha un corridoio visibile dall’esterno della struttura, un vano scala e, nella camera centrale, tre profonde nicchie, delle quali una con sviluppo a “L”.

A seguire i lavori del sito nuragico sono un gruppo di esperti della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. La direzione scientifica è stata affidata al Gabriella Gasperetti, il responsabile dell’intervento è Mario Paddeu con la consulenza tecnico-scientifica a firma di Alessandra Lafragola e Luca Doro.

Il lieto fine per questa zona abbandonata della città è davvero arrivato, non più degrado e fallimenti ma un presente fatto di vita familiare e domestica, sviluppo turistico e attività storico-archeologiche. Un quartiere in cui la comunità di Alghero può guardare al futuro senza mai dimenticare le proprie radici e imparare dagli errori: così la Riviera del Corallo cresce economicamente e culturalmente.

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