Cinque commercianti del centro storico di Sassari non avranno eredi.
Cinque sassaresi, cinque commercianti, un destino in comune sullo sfondo del centro storico nell’ultimo secolo. Vendite, clienti, “fiumi di soldi” ieri, secche in cassa oggi. “Da oltre vent’anni – spiega Lucio Onali, proprietario di un negozio di abbigliamento in via al Carmine – la situazione è precipitata. Siamo ridotti a una specie non protetta, prossima all’estinzione”.
Il covid accelera la crisi, incubata da politiche poco lungimiranti: “Basta considerare la Ztl pensata più come soluzione repressiva che come mezzo di inclusione, o alla soppressione di linee di trasporto pubblico che portavano gente a Sassari Vecchia”. Al pieno di un tempo si è sostituito il vuoto, le attività languono o chiudono: “Aprivamo – ricorda Maria Ruju, gioielliera in via Cesare Battisti dal 1975 – e c’era le fila dei provinciali che dovevano fidanzarsi o sposarsi”. Portati al centro dai pullmann che in un’epoca lontana si fermavano all’emiciclo. “Poi è nata Predda Niedda e ci hanno rovinato”. Quanti anni ha signora? “93, perché non dirlo? Sono miei e me li tengo”.
Intanto i sopravvissuti della vecchia era commerciale sono divenuti “reduci”, come Filippo Canu, venditore di biancheria intima in una bancarella di piazza Tola da 34 anni: “Ma aiutavo mio padre – rivela lui, oggi 58enne – già da quando andavo alle medie”. E quando le bancarelle erano 36 e coprivano tutto lo slargo: “Non solo, la piazza era zeppa di taverne, negozi, bar, ricevitorie, chioschi”. Chi prenderà il suo posto? “Nessuno. Ho cercato di dare ai miei figli qualcosa di più confortevole. Questo mestiere è troppo duro e logorante”. “Anche quest’esercizio finirà con me”, riferisce Luciano Repetto, 65 anni, arrotino da 54, dal 2006 in piazza Tola. “Ha iniziato mio nonno col carrettone, poi affilava con la mola sulla bicicletta finché non ha aperto in via LaMarmora con mio padre”. E indica una foto color seppia con fiumane di persone che scorrono al centro storico. “Dovevi chiedere permesso per passare, oggi non viene più nessuno. È anche colpa del consumismo. Comprano i coltelli e li buttano subito dopo perché non valgono niente”. Quando smetterà di lavorare? “Mai, resterò qui finché non muoio”.
“Rappresento la terza generazione – afferma Nicola Masotti, gestore dello storico negozio di tessuti in via LaMarmora – e mi dispiacerebbe che sia io a dover dire basta dopo quasi un secolo”. D’altronde i tempi d’oro sono lontani: “Negli anni 90 eravamo in sei – fa di conto il sessantenne – e non bastavano, adesso due e siamo troppi”. Negli ultimi due decenni è cambiato tutto: “La gente si spostava soprattutto nel quadrilatero tra via Rosello, La Marmora, Corso Vittorio Emanuele e piazza Tola”. All’esterno però- nel 2022- girano in pochi e non spendono: “A causare lo spopolamento è stato anche il decentramento dei servizi e degli uffici comunali e il mercato che non funziona più come prima. Le persone si chiedono: che ci vengo a fare se non c’è nulla?” L’orizzonte in effetti appare desolato, lontani i tempi della gloria, incerti quelli futuri. Un pezzo consistente di Sassari, e del centro storico, sta sparendo e nulla sembra poterlo sostituire.