Guadagni sempre più bassi, a Sassari in aumento gli avvocati che decidono di lasciare la toga

A Sassari sempre più avvocati abbandonano la professione per mancanza di guadagni adeguati.

Toga addio. Anche Sassari vive la crisi dell’avvocatura nazionale stretta nella morsa di un mercato saturo di iscritti all’Albo e di contrazioni di reddito. “Due avvocati su tre fanno la fame” recita l’ultimo report della Cassa forense commissionato al Censis.

“Su 240mila iscritti in Italia – entra nel dettaglio Melania Delogu, componente dell’Organismo congressuale forense – più della metà ha un reddito inferiore ai ventimila euro”. Percentuali risicate poi – il 20 per cento – per chi esercitando incassa di parcelle in un anno solare oltre cinquantamila euro. Tra le cause della flessione salariale il boom di avvocati nello stivale: “Dagli 80mila degli anni ’90 – computa la Delogu – ai 245mila di oggi”. E in un Foro medio-piccolo come Sassari, dove i professionisti sono 1200, si registra lo stesso soprannumero insieme alle conseguenze generali di un’economia in picchiata.

La società si è impoverita e succede spesso di assistere clienti che non sono in grado di pagare”. Frequente quindi il ricorso al patrocinio a carico dello Stato che però pare un cattivo committente: “Capita che le parcelle vengano liquidate, e questo è scandaloso, dopo due/tre anni. Oltretutto si ricevono retribuzioni minori: meno 50 per cento nel civile e meno trenta nel penale. Bisogna che si capisca che i compensi simbolici sono illegittimi”. Monta quindi la disillusione tra i professionisti accentuata peraltro dalla piega dei processi presa col covid: “Si abusa delle norme emergenziali previste all’inizio della pandemia come le udienze da remoto o la trattazione scritta. Sono misure che fanno comodo ai giudici ma sviliscono la nostra funzione e impediscono il contraddittorio”. Tra l’altro il rischio è che l’eccezionalità diventi prassi definitiva con la riforma del procedimento civile.

Così si fugge dalla professione per cercare sbocchi paralleli in particolare come cancellieri, professori di Diritto, divenendo dipendenti della Pubblica Amministrazione, o impiegandosi nell’Ufficio del processo come aiuto dei giudici. Quest’ultima opzione prevede contratti a tempo determinato e non poche difficoltà: “Sono state fatte sedicimila assunzioni in tutta Italia di cui ottomila sono colleghi già pronti per essere operativi ma la situazione logistica delle cancellerie è così disastrosa che non si sa dove metterli fisicamente”.

Fin qui le responsabilità esterne ma bisogna mettere in conto nella crisi una visione non al passo coi tempi del mestiere. “Non si può fare l’avvocato come vent’anni fa. Oggi abbiamo altre sfide e si sono aperte opportunità in altri settori come la tutela dei dati e si stanno affermando nuove figure, quasi assenti a Sassari, come il giurista d’impresa”. Da considerare poi, oltre al disincanto dei legali, quello dei cittadini: “In tanti – ci conferma un avvocato – hanno sfiducia nella giustizia e piuttosto che avventurarsi in cause che durano anni lasciano perdere”. Un quadro quindi complesso che non troverà soluzioni a breve, perché se è vero che in molti si cancellano dagli albi e cambiano professione, altrettanti, e sempre di più, diventano avvocati.

Condividi l'articolo